Pregare con sincerità - Matteo 6:6


Nei versetti 5-7, il pronome personale, nell’originale greco, è al plurale (voi), mentre qui è al singolare (tu), allo scopo di sottolineare l’intimità di tale comunione con Dio. Il modo per essere esauditi è pregare nel segreto (che significa entrare nella tua cameretta e, chiusa la porta…). Se desideriamo sinceramente comunicare con Dio, egli ci ascolterà e ci risponderà. Servirsi di questo brano per proibire la preghiera pubblica è una forzatura. I membri della chiesa primitiva si radunavano per pregare insieme (vedi. Atti 2:42; 12:12; 13:3; 14:23; 20:36). Il punto non è dove si prega, ma perché si prega: per essere visti dagli uomini o per essere ascoltati da Dio?

La preghiera non deve essere fatta di inutili ripetizioni, preghiere stereotipate, formule vuote o reiterate. Pregano in questo modo soltanto coloro che non sono salvati. Dio non si lascia impressionare dal gran numero delle… parole: egli vuole percepire le espressioni sincere del cuore.  

Poiché il Padre nostro sa le cose di cui abbiamo bisogno, prima che gliele chiediamo, è ragionevole domandarsi: “Allora, perché dobbiamo pregare?” La risposta è che, pregando, riconosciamo il nostro bisogno e la nostra dipendenza da lui. Questa è la base della nostra comunicazione con Dio. Inoltre, rispondendo alla nostra preghiera, Dio fa cose che non avrebbe fatto altrimenti (vedi. Geremia 4:2). 

La preghiera privata avviene quando siamo soli, nel segreto. “Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta, chiudi la tua porta e prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà pubblicamente” (Matteo 6:6).

Ma c’è più di questo. Il termine greco per cameretta in questo verso indica “una stanza privata, un luogo segreto”. Ciò suonava molto familiare alle orecchie degli uditori di Gesù, perché le case nella loro cultura avevano una stanza nascosta che serviva come una specie di magazzino. Il comandamento di Gesù era di andare in quella stanzetta e chiudere la porta dietro di sé. Ed è un comandamento a individui, perché non è il tipo di preghiera che si può fare in chiesa o con un collaboratore di preghiera.

Gesù ne fu un esempio, infatti andava a pregare in luoghi privati. La Scrittura ci mostra continuamente che Egli si “appartava” per trascorrere del tempo in preghiera. Nessuno era più impegnato di Lui, che era costantemente pressato dai bisogni di chi Lo circondava e aveva così poco tempo per Sé. Tuttavia, leggiamo, “Poi il mattino seguente, essendo ancora molto buio, Gesù si alzò, uscì e se ne andò in un luogo solitario e là pregava” (Marco 1:35). “Dopo averle congedate, salì sul monte in disparte per pregare. E, fattosi sera, era là tutto solo” (Matteo 14:23).

Considera il comandamento che ricevette Saulo in Atti. Quando Cristo incontrò questo persecutore della chiesa, Saulo non fu mandato a un incontro di chiesa o da Anania, il grande guerriero di preghiera. No, Saulo dovette spendere tre giorni da solo e in disparte a pregare e conoscere Gesù.

Tutti noi abbiamo delle scuse per non pregare in cameretta, in un luogo speciale, da soli. Diciamo di non avere un luogo simile, o il tempo per farlo. Thomas Manton, uno scrittore puritano, dice questo in materia: “Diciamo di non avere tempo per pregare nel segreto. Però abbiamo tempo per tutto il resto: tempo per mangiare, per bere, per i figli, ma nessun tempo per ciò che sostiene tutto il resto. Diciamo di non avere un luogo segreto, ma Gesù trovò un monte, Pietro un tetto, i profeti il deserto. Se ami qualcuno, troverai un luogo per stare da solo”. 




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