Chiamati ad essere liberi - Galati 5:13-26
La libertà cristiana non permette il peccato, anzi è uno sprone a servire con amore. L’amore è considerato il fattore stimolante di tutta la condotta cristiana, mentre l’osservanza della legge sottintende il timore del castigo. Findlay afferma: “Sono schiavi dell’amore i veri uomini liberi”. La libertà cristiana è in Cristo Gesù ed esclude categoricamente l’idea di essere liberi di peccare. Non dobbiamo trasformare la nostra libertà in pretesto per operare secondo la carne. Come un esercito invasore occupa una testa di ponte da usare come campo base per future spedizioni di conquista, così la carne utilizzerà una piccola concessione per espandere il proprio territorio. Un adeguato sbocco per la propria libertà consiste nell’abituarsi a essere schiavi gli uni gli altri. A prima vista, sembra strano che Paolo introduca qui la legge, dopo avere ribadito in tutta la lettera che il credente non vi è sottoposto. Egli non invita i lettori a ritornare alla legge, ma intende piuttosto dimostrare che ciò che la legge richiede, ma non è in grado di offrire, è proprio ciò che scaturisce dall’esercizio della libertà cristiana. Il legalismo conduce invariabilmente alle liti e, a quanto pare, in Galazia era successo proprio questo. La legge richiede l’amore per il prossimo; invece ai Galati era successo proprio il contrario: essi si erano abbandonati alla calunnia e si danneggiavano reciprocamente. Tale atteggiamento nasce dalla carne, alla quale la legge concede spazio e sulla quale agisce.
Il credente dovrebbe camminare secondo lo Spirito e non secondo la carne. Camminare secondo (o mediante) lo Spirito significa permettergli di operare a modo suo, rimanere in comunione con lui e prendere le decisioni alla luce della sua santità. Significa occuparsi di Cristo, poiché il ministero dello Spirito consiste nell’impegnare il credente per il Signore Gesù. Quando camminiamo in questo modo secondo lo Spirito, la carne, ossia la nostra vecchia natura, è considerata come morta. Noi non possiamo, nello stesso tempo, interessarci di Cristo e del peccato. Il versetto 16 e quelli che seguono dimostrano che la carne è ancora presente nel credente; è quindi da respingere l’idea che la natura del peccato sia stata sradicata. Lo Spirito e la carne sono costantemente in conflitto tra loro. Dio avrebbe potuto rimuovere dai credenti la natura carnale al momento della conversione, ma ha deciso di non farlo. Perché? Perché essi si ricordassero continuamente della loro debolezza; perché si mantenessero continuamente alle dipendenze di Cristo, il loro Sacerdote e Avvocato, perché avessero motivo di lodare incessantemente colui che ha salvato individui così indegni. Invece di eliminare la vecchia natura, Dio ci ha dato il suo Santo Spirito perché abiti in noi. Lo Spirito di Dio e la nostra carne sono perpetuamente in guerra tra loro e continueranno a esserlo finché non saremo a casa, nel cielo. In tale conflitto il ruolo del credente consiste nel rimanere al fianco dello Spirito. Coloro che sono guidati dallo Spirito non sono sotto la legge. Questo versetto si presta a una duplice interpretazione:
1.Eessere guidati dallo Spirito è una prerogativa di tutti i credenti, di conseguenza nessuno di loro è sotto la legge. Noi non dobbiamo fare affidamento sui nostri propri sforzi, perché non dipendiamo da loro, bensì dallo Spirito, contrastare gli attacchi del male che sono dentro di noi;
2. Essere guidati dallo Spirito significa anche trascendere la carne e occuparsi del Signore. Quando si è così occupati, non si pensa più né alla legge né al peccato. Lo Spirito di Dio non guida l’individuo a guardare alla legge come mezzo di giustificazione, al contrario lo guida a Cristo risorto, come all’unico fondamento per essere accettato da Dio. Abbiamo già accennato al fatto che la legge si appella alle risorse della carne… ma quali sono le opere che la nostra natura decaduta è in grado di produrre? Ora, non è difficile identificare le opere della carne: esse sono manifeste a tutti. L’adulterio è l’infedeltà matrimoniale. La fornicazione è un rapporto sessuale illecito. L’impurità è un peccato di immoralità, di sensualità. La dissolutezza è una condotta vergognosa caratterizzata da assenza di temperanza. L’idolatria non è soltanto il culto degli idoli, ma anche l’immoralità che accompagna il culto dei demoni. La stregoneria fa parte delle arti magiche; il termine fa riferimento alle droghe. Poiché le droghe erano usate nella stregoneria, la parola venne a significare il rapporto intimo con gli spiriti, o l’uso di sortilegi. Può anche includere superstizioni, “malocchio”. Le inimicizie sono sentimenti di insofferenza nei confronti degli altri. Discordia significa disaccordo, dissidio, litigio. Gelosia significa malanimo e astio. Le ire sono esplosioni di collera o di passione repressa. Con il termine contese si designa lo spirito di competizione che spinge l’individuo egocentrico a voler eccellere a tutti i costi, talvolta perfino a spese degli altri. Le divisioni sono separazioni causate da disaccordi.
Le sette sono gruppi eretici formati da persone che si ostinano nelle proprie opinioni. Le invidie procurano dispiacere di fronte al successo o alla prosperità degli altri. Le ubriachezze derivano dall’uso smodato di bevande alcoliche. Le orge sono convegni licenziosi, accompagnati da ubriachezza. Paolo avverte i suoi lettori, come già aveva fatto in precedenza, che chi fa tali cose non erediterà il regno di Dio. Che cosa significa? Che un alcolizzato non può essere salvato? No, significa che coloro che conducono una vita caratterizzata dalle opere carnali contenute nel precedente elenco dimostrano di non essere salvati. Perché Paolo scrive queste cose alle chiese cristiane? Perché non tutti coloro che dichiarano di essere salvati sono veri figli di Dio. Per questo motivo, lungo tutto il N.T., lo Spirito Santo, spesso, dopo avere presentato le meravigliose verità spirituali, fa seguire i più severi avvertimenti diretti a tutti coloro che professano il nome di Cristo.
È significativo che l’apostolo faccia distinzione tra le opere della carne e il frutto dello Spirito. Le opere sono il prodotto delle risorse dell’uomo, mentre il frutto è prodotto da un tralcio che dimora nella vite (vd. Gv 15:5). La differenza è la stessa esistente tra una fabbrica e un giardino. Notiamo, anche, che frutto non è plurale, ma singolare. Lo Spirito Santo produce un solo tipo di frutto, vale a dire la conformità con Cristo. Tutte le virtù elencate nel versetto definiscono la vita del figlio di Dio.
L’amore è sia ciò che Dio è, sia ciò che noi dovremmo essere. Esso è mirabilmente descritto in 1 Corinzi 13 e manifestato in tutta la sua pienezza sulla croce del Golgota. La gioia è contentezza e soddisfazione che derivano dal nostro rapporto con Dio e dal suo rapporto con noi, così come Cristo ce lo ha rivelato in Giovanni 4:34. La pace potrebbe esser la pace con Dio come pure un’armoniosa relazione tra credenti. La pace nella vita del Redentore può essere riassunta nell’episodio di Luca 8:22-25. La pazienza è la sopportazione di afflizioni, molestie e persecuzioni. Troviamo un esempio sublime in Luca 23:34. La benevolenza è tenerezza, di cui abbiamo un bell’esempio nell’atteggiamento del Signore verso i bambini (vd. Marco 10:14). La bontà è gentilezza nei confronti degli altri. Possiamo trovare la bontà in azione in Luca 10:30-35. La fedeltà può significare fiducia in Dio o nei nostri fratelli credenti, lealtà o affidabilità. È, probabilmente, a quest’ultima che qui si fa maggior riferimento. La mansuetudine è l’umiltà dimostrata da Gesù quando lavò i piedi ai discepoli (vd. Giovanni 13:1-17). Autocontrollo significa letteralmente “padronanza delle proprie azioni”, specialmente riguardo alla sessualità. La nostra vita deve essere disciplinata. La concupiscenza, le passioni, i desideri e il temperamento devono essere tenuti sotto controllo. Noi dovremmo praticare la temperanza. Ecco ciò che dice in proposito Samuel Chadwick: In termini giornalistici il brano potrebbe essere scritto in questo modo: il frutto dello Spirito è un’attitudine premurosa e garbata; uno spirito radioso e un temperamento gioioso; una mente tranquilla e una condotta quieta; una pazienza tollerante nell’affrontare circostanze irritanti e persone intrattabili; un intuito sensibile e una disponibilità accorta; un giudizio generoso e una grande carità; lealtà e affidabilità in qualsiasi circostanza; l’umiltà di chi dimentica se stesso per la gioia degli altri; in tutte le cose padronanza e autocontrollo, che è la caratteristica a coronamento della perfezione. Com’è straordinario tutto questo, messo in relazione con 1 Corinzi 13! Paolo chiude questo elenco con il commento: contro queste cose non c’è legge. Il commento può sembrare oscuro, ma non lo è. Queste virtù piacciono a Dio, sono benefiche agli altri e buone per noi stessi. Ma come viene prodotto questo frutto? Con gli sforzi dell’uomo? Niente affatto. Questo frutto matura allorché i credenti vivono in comunione con il Signore. Mentre essi contemplano il Salvatore in amorosa devozione e gli ubbidiscono nella vita di ogni giorno, lo Spirito Santo compie un meraviglioso miracolo: li trasforma a immagine di Cristo (vd. 2 Corinzi 3:18). Proprio come il tralcio trae dalla vite tutti gli elementi e il nutrimento necessari per il suo sostentamento, così colui che crede in Cristo attinge dalla vera vite (vd. Giovanni 15:1) la forza che lo rende capace di vivere una vita produttiva per Dio. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne. Ravvedendoci, abbiamo inchiodato sulla croce la vecchia, malvagia e corrotta natura con tutti i suoi affetti e le sue concupiscenze. In quell’occasione abbiamo preso la decisione di non alimentare più la nostra natura decaduta e di non lasciarci più dominare da essa: decisione che, naturalmente, deve essere continuamente rinnovata nel corso della vita. Dobbiamo costantemente tenere la carne là dove è morta. La congiunzione se, in questo caso, significa “poiché”. Poiché abbiamo la vita eterna grazie all’opera dello Spirito Santo che dimora in noi, conduciamo la nuova vita col potere dello stesso Spirito. La legge non sarebbe mai stata in grado di dare la vita, né era destinata a rappresentare la regola di vita del credente.
Commenti